Chi puo' dire cosa puo' essere e che cosa non puo' essere l'oggetto
di una ricerca?
L'universo in cui viviamo e' fonte di una manifestazione pressocche'
illimitata di fenomeni. Alcuni di questi piu' vicini alla nostra dimensione
quotidiana di altri, posti su piani impercettibili all'immediatezza dei
sensi, ma pur concreti e che bene o male finiscono per
coinvolgerci nostro malgrado.
Per questi motivi la scienza si occupa di cercare un rimedio a ma
lattie che colpiscono l'uomo, ma non disdegna di occuparsi di fenomeni di portata ben piu' astratta, come lo studio del calcolo delle
probabilita', dei fenomeni celesti o della costituzione intima
dell'atomo. I risultati della sua ricerca si riflettono quindi sul
mondo ordinario dell'uomo portando innovazioni nel campo della tecnologia
e assicurando benessere alla societa'.
Certamente l'universo non e' prodigo nel rivelare i suoi segreti e gli
uomini debbono impegnarsi per ricavare conoscenza utile ai loro bisogni.
Sintanto che non si e' giunti ad una certa scoperta scientifica, nulla
puo' palesare la possibilita' di giungervi. Solo l'intuito e l'ostinazione dei ricercatori che hanno seguito deboli indizi possono portare al risultato.
Ovvio, dalla scoperta in poi, la nuova conoscenza acquisita andra' a
far parte del bagaglio scientifico dell'umanita': diventera' routine.
Ma prima chi avrebbe potuto affermarlo? Chi avrebbe potuto dire che i fenomeni ora conosciuti potevano esistere?
Eppure l'universo dissemina di indizi tutta l'estendersi dell'esistenza, lasciando ai curiosi che non si accontentano dell'ovvieta' posta dai
sensi e dalla propria ignoranza la possibilita' di andare oltre.
Se cosi' non fosse non ci sarebbero mai state le grande scoperte
scientifiche in tutti i campi dello scibile umano. Non ci sarebbe mai
stato un Pasteur che avrebbe ipotizzato, senza mai averli visti,
i batteri per creare dei vaccini. Non ci sarebbe mai stato un
Schliemann che, seguendo la sua intuizione che interpretava l'opera
di Omero come una traccia storica, ha scoperto la mitica citta' di
Troia. Non ci sarebbe mai stato un Einstein che, andando contro la
dimostrazione della fisica newtoniana, ha potuto enunciare la rivoluzionaria
fisica della relativita'.
Il ricercatore e' un curioso che si apre alla conoscenza dell'universo
in cui vive per capirlo e per utilizzare il frutto delle sue scoperte
allo scopo di ampliare la sua percezione dell'esistenza e migliorare la condizione umana. E' inevitabile che non si ponga
limiti di alcun genere, altrimenti incorrerebbe nell'attuazione di
una ricerca parziale e senza significato.
Purtroppo non e' cosi' per tutti. Addirittura una certa parte della scienza stessa interpreta la ricerca in senso restrittivo ponendosi dei precisi limiti di campo di interesse e imponendoli anche agli altri.
Un monaco medievale, Guglielmo di Occam, ebbe a dire in un suo noto enunciato
che "le entita' non vanno moltiplicate oltre il necessario".
Un principio che domino' la Chiesa del tempo, conservatrice dei suoi
dogmi, contro i quali nessuno doveva opporsi e che
venne ripreso piu' tardi dalla corrente illuminista che fondava la
scienza laica dopo la rivoluzione francese.
Un principio che oggi e' noto come il "rasoio di Occam", un rasoio che
impone un preciso principio e una precisa ipoteca alla scienza attuale: "bisogna fare ricerca solo su quanto serve e si dimostra concretamente
serio, tutto il resto deve essere tagliato via". Su questo principio si
e' attestata una forma conservatrice della scienza attuale che esce dall'ambito della pura ricerca per imporre una visione moralistica della ricerca stessa.
Questa "scienza nella scienza", l'occamismo scientista, si e' posta
obiettivi che rispondono ai bisogni etici di un qualsiasi status quo che
sta impegnando le sue risorse in suoi obiettivi specifici. Ha creato
strutture burocratiche e gerarchiche, necessarie per poter dire cio' che
e' scienza e cio' che non lo e'.
Questa dicotomia, che colpisce l'universo in una visione di parte e
che determina l'esistenza o meno dei fenomeni a seconda di una convenienza,
o di una ristrettezza culturale e aprioristica, non si ferma nei laboratori e nei santuari dell'occamismo, ma giunge a colpire tutti noi nel nostro quotidiano.
Tutto cio' che leggiamo e cio' di cui ci occupiamo diventa soggetto a questa
visione dicotomica dell'esistenza impostata dall'occamismo.
Da una parte abbiamo le cose cosidette "serie", dalla partita di pallone all'ultimo Festival di varia natura, alle spedizioni della Nasa nello spazio. Dall'altra abbiamo la negazione di fenomeni che accompagnano e sono parte integrante dell'umanita' dall'inizio della sua comparsa sulla Terra.
Non esistono e non sono argomenti seri, fenomeni come la premonizione,
la telepatia, la terapeutica alternativa, l'agopuntura, la fitoterapia.
Per non parlare poi degli UFO e di altre cose del genere.....
Ma che credito possiamo dare ad una scienza che in gran parte di essa
e' diventata una religione della scienza con tanto di credenze e di
dogmi?
Una scienza che, sicura delle sue idee, esprime giudizi che con il senno
del poi potrebbero metterla in ridicolo piu' che accreditarla?
Ed esempi in proposito non mancano, anzi, ce ne sono cosi' tanti che
potrebbero farci riflettere proprio sul credito che tali giudizi possono
avere sulle nostre scelte e sulle nostre esigenze di ricercatori curiosi
di conoscere se stessi e l'universo in cui viviamo.
All'inizio del secolo ci furono "insigni" scienziati che dichiararono che le automobili non avrebbero mai potuto superare i limiti dei sessanta chilometri orari altrimenti l'uomo alla guida sarebbe morto!
Subito dopo la rivoluzione francese, gli illuminsti dell'epoca fecero
chiudere le sale dei musei dove erano esposte le meteoriti perche'
avevano affermato, contro la credenza popolare, che non esistevano e
che vederle avrebbe sovvertito i valori della scienza!
Einstein stesso fu rifiutato come socio dei circoli universitari di alcune
Accademie del tempo per via delle sue idee considerate strampalate e poco
scientifiche. Per non parlare di quel premio Nobel per la Fisica del 1923,
Robert Andrews Millikan, che fu uno strenuo assertore del fatto che
l'uomo non avrebbe mai potuto utilizzare l'energia
dell'atomo e che parlarne era poco serio dal punto di vista scientifico.
Di fronte a questi paradossi del pensiero scientifico, anzi occamista,
sorge spontanea una inevitabile domanda: a quali scoperte
scientifiche avrebbe potuto giungere la scienza se non fosse stata
ipotecata dalla visione moralistica dell'occamismo?
A quali vette di sapere avrebbe potuto giungere l'umanita' avendo
occasione di risolvere, in anticipo sui tempi, tutti quei problemi
tecnologici e medici che l'affliggono in questi ultimi secoli?