OPINIONI: Risorse disponibili e mode scientifiche

IL COSTO NON E' UNA GARANZIA
DELLA VALIDITA' DELLA RICERCA

di Andrea Drusini, Universita' di Padova

"Il Corriere della Sera", del del 1 luglio 1988


In una recente intervista Mario Luzi, protagonista dell'Ermetismo, affermava che, sebbene le Scienze siano molto progredite e abbiano raggiunto grandi traguardi, ci hanno regalato allo stesso tempo una quota di "non sapere" altrettanto grande. L'incultura, come rivelano gli studi del Dipartimento di Sociologia dell'Educazione di Roma, è un retaggio che nel nostro Paese ha una lunga storia e investe tanto la scuola come l'università, dove si è arrivati al paradosso di doversi interrogare non sul sapere, come sarebbe logico, bensì sull'ignoranza emergente. Tuttavia, anche per il prossimo futuro, in certi settori della ricerca scientifica le materie che hanno come oggetto la cultura, come l'antropologia e le scienze dell'uomo in generale, avranno ben poche possibilità di sviluppo. Gli studenti di scienze e di medicina continueranno a essere bombardati di formule e numeri che lasciano loro ben poco tempo per riflettere criticamente sui fenomeni biologici.
Anche l'opinione pubblica, del resto, sembra rassegnata all'acquiescente accettazione di tutto quello che le viene somministrato. A esempio, siamo così abituati a sentir parlare di virus HIV che non ci sfiora neppure l'idea di metterne in dubbio l'esistenza, come invece hanno fatto in un'agghiacciante libro-denuncia Luigi De Marchi e Fabio Franchi. Eppure da diverso tempo molti scienziati sospettano che questa misteriosa malattia, attorno alla quale ruotano le ricerche più avanzate e costose (in Italia l'Aids blocca gran parte dei fondi per la ricerca biomedica), non sia provocata da un unico agente virale. Ma guai parlare di dubbi! La storia insegna che il mondo della scienza è pieno non solo di ambiguità, ma anche di invenzioni immaginarie come i raggi N, che non sono mai esistiti, la scotofobina e altre diavolerie successivamente sconfessate. Che dire poi dei possibili effetti negativi di alcune applicazioni della ricerca?
Poco tempo fa, Carlo Rubbia ha dato un avvertimento che, come tutto ciò che disturba i manovratori, è passato quasi inosservato: esiste un fondato timore che i biologi molecolari possano fare lo stesso errore che hanno fatto i fisici a proposito della bomba atomica. A forza di maneggiare un arsenale biochimico più pericoloso di cento esplosioni nucleari, alcuni scienziati quell'errore lo hanno già fatto (vedi le guerre batteriologiche).
Che cosa ne sa la gente? Quando si parla di problemi scottanti, i media televisivi si comportano come se tutto fosse già noto e si affidano ai soliti rassicuranti "esperti" (che di solito manovrano la ricerca scientifica), oppure ai soliti premi Nobel (fanno audience). Eppure, vent'anni fa, Jacques Attali affermava che la maggior parte delle malattie e delle morti d'oggigiorno non sono più ormai di competenza della medicina, se non nella misura in cui si tratta di patologie provocate dall'ambiente o dalla medicina stessa.
Non si vuole con questo negare che la scienza sia vantaggiosa per l'umanità, anzi: sarebbe assurdo gettar via l'acqua sporca assieme al bambino. Ammettiamo pure di essere figli della scienza e orfani del mito, ma la riflessione, il dubbio e il costante controllo delle applicazioni della ricerca sono strumenti critici da cui non si può prescindere. Gli studenti hanno bisogno di modelli e di esempi chiari quando si parla di "progresso" scientifico: hanno bisogno che qualcuno dica loro di non credere a niente per partito preso, e di riflettere sul fatto che tanto più una ricerca è avanzata, tanto più facile è mascherarne possibili abusi. Ma lo scienziato, ormai nel divino iperboreo, sentenzia: "Quanto più le tecnologie sono sofisticate, tanto più è valida la ricerca". Questa frase, pronunciata durante una sessione di laurea, è doppiamente pericolosa. In primo luogo, perché sconfessa il percorso storico della scienza (l'ignoranza della storia da parte di alcuni biologi e medici moderni rafforza l'opinione che la biologia e la medicina siano nate con loro). In secondo luogo, perché con questa logica deterministica tanto varrebbe premiare in anticipo tutti i centometristi USA perché si allenano con i mezzi più sofisticati.
E così, sottraendo sempre più spazio (leggi anche cattedre universitarie) alle scienze umane, i ricercatori "sofisticati" (ma esiste qualcosa di più sofisticato del cervello?) ottengono contemporaneamente due risultati: 1) più fondi per la ricerca sofisticata; 2) circoscrivere il rischio che qualcuno cominci a riflettere in maniera pericolosa su alcune dubbie "scoperte" scientifiche.
Un antropologo del secolo scorso, a proposito delle forme evolutive preumane, aveva coniato il termine Homo stupidus. Siamo forse di fronte al progetto di una regressione in atto?