L'UNIVERSO OLTRE LA MENTE


Il problema della conoscenza

L'uomo vive immerso nel grande segreto dell'esistenza. Ne e' parte ed e' stato generato proprio da questo stesso mistero. Le risposte ai suoi grandi interrogativi metafisici sulla natura e sul significato dell'universo sono quindi a portata di mano in una immediatezza evidente e non hanno bisogno di intermediari di nessuna natura per essere lette e comprese.
Tuttavia nonostante questa immediatezza l'uomo non ha facile accesso alla conoscenza del segreto dell'esistenza e in egual misura ha difficolta' a realizzare l'armonia e la partecipazione al mistero, di cui sente il bisogno.
Cio' accade perche' l'uomo parte da un presupposto esperienziale errato in quanto non e' consapevole della natura della sua identita' individuale che potrebbe consentirgli, invece, un accesso senza problemi alla conoscenza.
L'uomo e' stato abituato a prendere atto della propria esistenza e a rapportarsi alla vita partendo da una dimensione individuale basata sul concetto piuttosto confuso di un complesso antropomorfo, costituito da cose, ricordi e sentimenti accatastati gli uni sugli altri, che si chiude in una sorta di guscio identificabile nella forma, nel peso, nell'altezza e nel nome anagrafico.
Tutt'al piu', i piu' attenti giungono a una distinzione tra cio' che appartiene alla sfera fisica e cio' che appartiene a quella morale, in una dicotomia specifica di valori che sono posti tra materia e spirito, corpo e anima.
L'individuo conosce solo questa esperienza di se'. Gli e' stata insegnata in secoli di influenza culturale di varie religioni che hanno avuto motivo di impostare questa concezione restrittiva dell'uomo.
In realta' il rapporto che l'uomo sviluppa verso se stesso e l'esistenza e' ben diverso e comporta potenzialita' ancora inespresse che possono senza presunzione alcuna concedergli di giungere alla conoscenza del mistero in cui vive.


I tre piani esperienziali dell'uomo.

Pur considerando la validita' di una globalita' individuale, in realta' l'uomo vive il suo rapporto con l'esistenza attraverso tre distinti piani di esperienza che si trovano ad essere diversi e divisi tra di loro per specifiche competenze esperienziali.
Il primo di questi piani e' quello facilmente identificabile nel corpo. Ovvero la forma fisica che possiede l'individuo, l'insieme dei suoi processi meccanici e metabolici, la struttura scheletrica, quella muscolare, l'insieme degli organi.
Attraverso questo piano di esperienza l'individuo percepisce lo stato della propria qualita' funzionale interiore, dolore e benessere, e si rapporta a mezzo dei sensi sul mondo primario che vive e condivide con le altre creature viventi. Sensi percettivi che non sono a tutto campo e che gli consentono di accedere solamente ad una limitata finestra di percezione fenomenica, ristretta e incompleta.
Il secondo piano esperienziale e' quello della mente. Se e' facile identificare il piano del corpo, l'identificazione di questo secondo piano diventa problematica.
Il piano della mente e' infatti di natura astratta, non visibile all'esterno ma percepibile dal solo individuo, costituita da un complesso virtuale in cui si manifestano pensiero, ricordi, emozioni e immaginazione che l'uomo percepisce come realta' vissuta a tutti gli effetti.
Se il corpo fornisce i canali sensoriali aperti e interfacciati sul mondo primario, all'esterno della dimensione individuale, la mente, invece, utilizza e elabora i dati che riceve attraverso i sensi e li trasforma in modelli virtuali di conoscenza dell'ambiente.
Su questa esperienza limitata, cosi' come lo sono le percezioni sensoriali, la mente costruisce i suoi valori morali come modalita' di partecipazione al mondo primario. Piu' i dati sono circoscritti o falsati dalle situazioni e piu' questi valori risultano soggettivi e incompleti.
La mente non e' lo specchio trasparente e pulito della realta' percepita. E' una virtualizzazione della realta' in cui intervengono diversi fattori devianti: dall'azione imperfetta dei sensi, all'azione ormonale che agisce sul cervello in base ai bisogni del corpo, all'incompletezza e all'ipoteca dei dati culturali acquisiti per obbligo di natalita' etnica e cosi' via.
La creazione e il mantenimento del mondo virtuale della mente e' supportata dall'attivita' dei neuroni. Il loro scambio continuo di informazioni, nella complessa struttura di collegamenti sinaptici all'interno del cervello, costituisce l'insieme della nostra percezione di esistere secondo il nome anagrafico che ci e' stato attribuito, secondo i nostri ricordi e secondo le emozioni che ci dominano sul momento.
Noi non percepiamo nulla di questa realta' biochimica, ne' sospettiamo che possa esistere, soggiogati dall'illusione virtuale che viviamo come realta' effettiva. Siamo la risultante innocente e ingenua di cio' che avviene a nostra insaputa alla radici della nostra virtualita'.
E cosi' ignoriamo che i nostri sentimenti, le nostre intuizioni e i nostri pensieri non sono altro che il prodotto degli scambi di dati chimici che sostengono la nostra impalcatura virtuale.
Ignoriamo che realta', giudicate reali e determinanti per la nostra vita come ad esempio l'innamoramento, non esistono per come le percepiamo. Anzi non esistono proprio nel loro valore reale, ma sono solamente la conseguenza di una risposta biochimica. Nel caso dell'innamoramento, una azione biochimica dei nostri organi riproduttivi che bombardano il cervello di molecole messaggere perche' costruisca la virtualita' dell'innamoramento. E cosi' via per tutti i nostri sentimenti, qualunque essi siano.
E il nostro senso di esistenza si riduce ad una condizione di virtualita' che e' l'equivalente di un sogno, inutile e che ci priva di cio' che puo' esistere nella dimensione di veglia.
Infine, abbiamo il terzo ed ultimo piano della struttura esperienziale ternaria dell'individuo che e' rappresentato dalla coscienza o, secondo la terminologia della filosofia della meditazione, dallo spirito.
Questo piano esperienziale e' identificabile nella proprieta' cosciente e consapevole dell'individuo. Una capacita' che non usa il pensiero o le sensazioni fisiche.
Essa rappresenta un atto di consapevolezza pura che assume una identita' specifica e autonoma nei confronti dei processi psico-fisici e sul piano esperienziale del mondo primario.
E' la facolta' volitiva e cosciente con cui l'uomo e' in grado di sottrarsi ai bisogni impellenti del corpo e alle emozioni violente della mente per decidere in proprio sull'ottimizzazione del suo operato, senza cedere ai meccanismi di un qualsiasi riflesso condizionato. Lo spirito, o coscienza, rappresenta lo stato percettivo dell'individuo, consapevole di se' e dell'ambiente in cui vive.
Una qualita' esperienziale che, a differenza delle limitazioni soggettive del corpo e della mente, e' in grado di partecipare in maniera effettiva alla natura reale dell'esistenza, allo Shan, per la sua capacita' di percepire e di vivere la condizione reale della stessa esistenza.
Oggi, la cultura storica corrente insiste sul semplificato dualismo di corpo e anima, ma la realta' della ternarieta' esperienziale dell'uomo e' una realta' evidente al di la' di qualsiasi forzatura ideologica.
C'e' una ben precisa e naturale realta' manifesta dei tre piani esperienziali. Ad esempio il corpo non pensa e non prova emozioni, pertanto si rivela di non essere ne' la mente ne' lo spirito. Cosi' come la mente vive le emozioni e i ricordi, ma non puo' metabolizzare i cibi come il corpo nell'esercizio delle sue competenze, ne' puo' sottrarsi al turbinio delle emozioni o dominarle come puo' invece fare lo spirito.
E per quanto riguarda lo spirito esso non e' quella parte che cammina, anche se puo' percepire le sensazioni corporee, e puo' fare una cosa che il corpo non e' in grado di fare, cioe' decidere se camminare o stare fermo. Non e' quella parte dell'individuo che produce emozioni, anche se puo' percepire le stesse emozioni, e puo' fare una cosa che la mente non puo' fare, cioe' decidere di sottrarsi all'incomebenza delle emozioni.
Si potrebbe aggiungere, con una riflessione propria della filosofia della meditazione, che "io voglio e posso camminare, ma non sono il mio corpo, io sono colui che lo dirige; io penso e provo emozioni, ma non sono i miei pensieri e le mie emozioni, io sono colui che li ascolta; io sono".


L'universo visto con gli occhi della mente.

Purtroppo l'uomo non vive la coerenza esperienziale della sua dimensione ternaria. La cultura a cui e' soggetto lo ha abituato a vivere essenzialmente la dicotomia di corpo e anima, di corpo e psiche.
In questa condizione l'uomo non identifica e quindi non puo' vivere le sue competenze esperienziali secondo le facolta' specifiche attraverso cui si distinguono, ma spesso le confonde in una globalita' individuale senza precise possibilita' esperienziali. Soprattutto confonde spesso il piano della condizione spirituale con quello della mente.
Il fatto non e' di poco conto, non si tratta di definire il sesso degli angeli, poiche' il risultato di questa confusione e dell'incapacita' di vivere il piano della coscienza per le sue effettive possibilita' creative e' devastante per l'esperienza dello stesso individuo.
Possiamo fare un rapido esempio del problema. E' facile, infatti, dire che si ha male ad una caviglia, ma non si dira' mai, dopo una degratificazione qualsiasi, che si ha la mente triste o inadeguata. Se nel primo caso si dira' che fa male la caviglia, ovvero distinguendo che e' una parte del corpo, nel secondo caso si dira' che ci si sente tristi o inadeguati, rivelando cosi' di identificarsi con l'istanza mentale.
Confondere una reazione emotiva della mente per uno stato di effettiva realta' e' assolutamente fuorviante. Porta a dare una attenzione primaria a quell'emozione dimenticandosi di partecipare alle vicende del mondo primario che invece se ne vanno per conto loro. E nella vita una dimenticanza di questo genere puo' essere del tutto controproducente. Sovrapporre il proprio sogno alla realta' significa guidare un auto da ubriachi, significa agire pensando erroneamente di essere nel giusto. Con conseguenze imprevedibili e tutte a proprio danno.
E la cosa diviene problematica poiche' l'individuo, in questa condizione di sovrapposizione delle due diverse competenze, prende a riferimento i valori della virtualita' mentale come se si trattasse di una vera e propria realta' concreta. Tutto cio' che sara' stato acquisito dalla mente, anche attraverso il suggerimento occulto di chi ha interesse a farlo, diventera' la realta' per cui vivere e per cui costruire.
E' cosi' che prendono forma i ruoli sociali e morali che sono alla base della sofferenza dell'individuo e della conflittualita' della societa' umana.
Ma la cosa ben piu' grave e' che l'individuo che vive la sovrapposizione di mente e spirito si allontana inevitabilmente dalla concreta possibilita' di sviluppare una reale conoscenza di se' e dell'esistenza, condizionato dalle filosofie che sono riuscite a fare presa sulla sua mente, incapace di valutare in maniera distaccata e razionale i suoi reali bisogni e le conseguenti reali scelte.
E non e' una cosa di poco conto. Da quando siamo nati la nostra mente e' stata nutrita e subissata di dati che giungono dal mondo degli altri e non da una esperienza diretta. Quando poi siamo cresciuti, e avremmo potuto sviluppare questa esperienza diretta, ci siamo trovati nell'incapacita' materiale di farlo in maniera adeguata, sia perche' avevamo intanto accettato specifiche modalita' di pensiero e sia perche' non avremmo potuto in ogni caso trovare vie disponibili.
Cosi' chi e' nato sotto una certa latitudine geografica si e' trovato ad acquisire i ruoli impostati dal gruppo etnico del caso. Ci si e' trovati ad essere cristiani, islamici o buddisti senza possibilita' di effettiva scelta, ma pur tuttavia convinti della realta' virtuale vissuta tanto da difenderla ad ogni costo.
Ma i problemi non sono solo riferibili all'osservanza di un ruolo sociale. La mente, come il corpo, e' soggetta ad una serie di patologie comportamentali che, vissute sul piano di una virtualizzazione scambiata per realta', diventano una galleria degli orrori.
Orrori che vanno dalle problematiche impostate dalla timidezza all'impotenza, dall'abulia allo stress. Orrori che vanno dal problema dell'ansia esistenziale, alla sofferenza della solitudine, alla frustrazione delle aspettative disattese, al dolore prodotto dalle emozioni ingigantite al ruolo di realta'.
Ma l'uomo, per fortuna, non e' condannato a questi orrori che portano solamente sofferenza e conflittualita' in tutta l'umanita'.


La proposta operativa della meditazione.

La filosofia della meditazione propone una soluzione di per se' ovvia e del tutto naturale per risolvere il problema dell'interferenza mentale. Se il problema dello stato di sofferenza e di incapacita' creativa dell'uomo e' rappresentato dall'utilizzo inadeguato del piano della mente, la sola cosa necessaria da fare e' quella di superare l'ostacolo evolutivo che essa rappresenta.
E cioe' occorre andare oltre la dimensione della mente per ripristinare l'esperienza evolutiva dell'individuo dando la possibilita' alla dimensione spirituale di emergere dalla mente in cui si identificava per accedere alle sue specifiche facolta' esperienziali.
Indubbiamente per fare questo occorre molto coraggio. Non e' certamente facile abbandonare il mondo delle abitudini impostato dalla mente sin dalla nostra nascita. Eppure quasta azione rappresenta il solo modo per uscire dall'interpretazione del sogno virtuale e sofferente del senso della nostra esistenza che e' prodotto e dominato dalla mente.
Solo attraverso questo atto di coraggio e di lucidita' esperienziale possiamo avere la possibilita' di uscire dai nostri problemi piu' profondi e in apparenza irrisolvibili. Solo attraverso questo atto evolutivo, possiamo accedere alle nostre reali capacita' esperienziali e creative. Solo cosi' possiamo giungere a capire i nostri reali bisogni, a comprendere e a vivere in armonia con gli altri e a rispondere in maniera effettiva al richiamo del trascendente.
Del resto la sperimentazione del piano dello spirito rappresenta comunque una sfida esperienziale interessante che puo' aprire a nuove prospettive esistenziali. Come si e' detto, la maggior parte delle persone sono abituate a vivere e a comprendere le necessita' della dualita' di corpo e psiche. Si da' molta cura all'aspetto fisico, attraverso le varie forme dell'applicazione ginnica, e si controlla l'aspetto alimentare per ottenere rendimento e assetto idoneo al buon funzionamento fisiologico, cosi' come si da' altrettanta attenzione ai problemi funzionali della mente attraverso pratiche interiorizzanti. Ed e' cosi' che scopriamo nuove energie sopite nell'aspetto fisico e nuovi orizzonti applicativi sul piano mentale.
Ma se diamo attenzione alle possibilita' offerte dalla struttura esperienziale ternaria dell'individuo, ci si puo' chiedere quale spazio esperienziale potremmo aprire e sviluppare dedicando la stessa attenzione al piano dello spirito.
La dimensione spirituale non deve essere vista solamente come un atto di capacita' volitiva o coscienziale dell'individuo. Anch'essa, come i due precedenti piani esperienziali del corpo e della mente, possiede un suo spazio creativo specifico.
Uno spazio creativo che e' immenso e va oltre l'immaginabile, rivelandosi una dimensione tutta da scoprire.


Vivere oltre la limitazione esperienziale della mente.

Superare la dimensione virtuale della mente per accedere a quella reale dello spirito significa abbandonare il riferimento ad una realta' a cui ci si era comunque abituati. E questo puo' rappresentare per qualcuno una fonte di timore nell'andare verso cio' che si considera ignoto. Forse e' l'equivalente della paura di morire, di affrontare un aspetto dell'esistenza che evoca i suoi dominii metafisici mal appresi dalle filosofie e dalle religioni storiche.
In effetti la qualita' dell'esperienza spirituale che e' possibile vivere al di la' della mente e' completamente diversa da quella interpretata nei ruoli storici e soggettivi del proprio quotidiano proposto e dominato dal sogno mentale. Anche se andavano stretti, questi ruoli rappresentavano comunque qualche cosa di conosciuto di cui, anche se segnati dalla sofferenza e dall'insoddisfazione, si conoscevano le modalita' di interazione.
Ma l'esperienza possibile sul piano dello spirito non e' un evento alieno alle necessita' e alla natura dell'uomo, ne' tantomeno e' stato tracciato da altri uomini per un loro disegno idealistico. Sul piano spirituale non ci sono regole a cui doversi adeguare, non ci sono condizioni che possono censurare le piu' immediate aspettative interiori dell'uomo.
L'esperienza spirituale si identifica nella natura reale delle cose. E' la realta' stessa che viene vissuta in tutta la sua possibilita' partecipativa. Quali limiti ci possono mai essere in natura? Noi stessi ne siamo parte...
Sono i mondi degli uomini che creano steccati e sofferenza. In natura si puo' solo trovare un immenso spazio creativo in cui poter esprimere se stessi e dove poter sviluppare conoscenza e creativita'. Senza limiti, in una dimensione di armonia, di autentica liberta' e di conoscenza.
Del resto l'intrinseco significato dell'esistenza e' gia' qui adesso. Anche se non lo viviamo nelle sue reali potenzialita' partecipative, chiusi nel ghetto soggettivo della mente, esso c'e', esiste e ci coinvolge malgrado la nostra disattenzione nel suo grande mistero. Tanto vale vivere l'esistenza per cio' che e' e che essa stessa consente di vivere sul piano dell'esperienza spirituale.
Uscire dalla dimensione mentale non significa, quindi, necessariamente attuare un passaggio traumatico. L'esperienza avviene gradualmente attraverso piu' fasi di scoperta in una dimensione di completezza e di amore che non puo' che soddisfare ogni necessita' di esperienza mano a mano che la si sviluppa.


L'esperienza del silenzio interiore.

Nel liberarsi dai parametri virtuali del mondo creato e dominato dalla mente, per accedere alla condizione aperta sul piano della natura, l'individuo esce inevitabilmente dal turbinio e dal frastuono virtuale della mente e accede a una condizione di silenzio interiore dove trova se stesso di fronte al mistero dell'esistenza. Questa esperienza di silenzio e' fondamentale poiche' distingue la facolta' spirituale dalle soggettivita' e dalle emotivita' della mente.
Vivere questa condizione di silenzio non significa ovviamente chiudersi in se stessi, ne' isolarsi dal mondo. Significa invece uscire dalla soggettivita' della mente per entrare nella purezza luminosa dello Shan.
Significa ritrovare se stessi e dare tante risposte a tante domande. Ed e' anche un modo per rapportarsi reciprocamente con altri che, come noi, stanno realizzando una esperienza al di fuori della soggettivita' della mente.
L'esperienza del silenzio contiene in se' molte potenzialita' esperienziali che si articolano in una sequenza di esperienze realizzabili secondo l'interesse dettato dalle necessita' dell'individuo.
Il primo evento immediato e utile che si verifica in questo silenzio e' l'esperienza che la filosofia della meditazione identifica nel concetto di pacificazione della mente.
Nel tacitare la mente per dar modo alla condizione spirituale di identificarsi e di emergere alla sua reale natura, accade che le ansie, i problemi della personalita' e le turbe della psiche perdono automaticamente di mordente. Si affievoliscono per lasciar posto alla capacita' di godere della propria vita, consentendo di uscire dai sensi di colpa causati dal giudizio ipercritico delle necessita' del proprio ego per giungere a una felicita' fino a quel punto negata nella dimensione della mente.
Il fatto stesso di realizzare un processo di tacitazione della mente, quale puo' offrire l'esperienza della meditazione, rende implicito di imparare a relativizzare i valori che la mente stessa propone, e quindi di prenderne le distanze senza piu' crederci. Il che pone, di fatto, l'individuo nel pieno della dimensione dell'esperienza spirituale, fuori dal plagio della mente. Libero e pronto ad intraprendere la piu' grande avventura della propria vita.
Ecco quindi che l'esperienza del silenzio si rivela in grado di poter offrire altre esperienze.
Ma le potenzialita' esperienziali possibili nell'esperienza del silenzio non finiscono qui. Questa condizione consente di giungere al nucleo della propria identita' reale, aiutando a ritrovare se stessi, nella propria identita' piu' intima e vera. Come se si riprendesse quel filo interrotto di una esperienza di vita incominciata nella propria infanzia e poi impedita e ipotecata dai richiami del mondo degli altri nel momento del proprio inserimento nel sociale. Allora, si era indifesi e si aveva creduto alla realta' dell'ovvio che ci era stata imposta.
L'esperienza del silenzio consente anche di percepire la presenza del Vuoto, la realta' misteriosa in cui viviamo e in cui partecipiamo al suo disegno nostro malgrado, inconsapevolmente.
E in questa prospettiva possiamo sviluppare una importante esperienza mistica, quella che ci consente di scorgere l'esistenza del sentiero misterioso che manifesta la natura segreta dell'esistenza su cui potersi incamminare ed evolvere verso il risveglio. Un cammino da percorrere attraverso progressivi stati percettivi di coscienza che portano alla percezione della propria reale identita' e alla conoscenza e alla partecipazione dello Shan, la natura reale dell'esistenza.
L'esperienza del silenzio consente inoltre di realizzare una energia spirituale immensa, canalizzabile in una capacita' creativa da poter dedicare a se stessi e agli altri in un atto di amore che ricambia e completa quello ricevuto nella stessa esperienza del silenzio.
E' nell'esperienza del silenzio che si puo' giungere, infine, a realizzare la completezza della propria partecipazione al mistero dell'esistenza, attuando la saldatura del visibile quotidiano con quella dell'invisibile per realizzare un atto partecipativo nella globalita' fenomenica dello Shan, il mistero che e' la nostra vita e il significato stesso della nostra esistenza.
Ed e' nell'esperienza del silenzio che diveniamo ricercatori dell'infinito per trovare conferma alle nostre esperienze di realta'.

(Da "La meditazione e l'esperienza del Vuoto", di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel - Torino 98)