FILOSOFIA E CONOSCENZA


Perche' fare ricerca.

Possiamo dire di rimanere indifferenti di fronte ad un cielo stellato? E' inevitabile che rivolgendo lo sguardo verso l'immenso scenario della volta celeste si giunga a dimenticare le cose dell'ordinario quotidiano per lasciar posto ad una curiosita' sulla natura dell'universo e sul senso che puo' avere la nostra vita.
In quel momento siamo di fronte ad un mistero che interloquisce direttamente con noi. Un mistero che fa nascere in noi l'esigenza di spiegarlo e che ci attrae sopra ogni altra cosa.
Ma cosa poter fare per dare una spiegazione a quell'immenso spettacolo di stelle che ci fa sentire una particella di un tutto che appena afferriamo?
Sentiamo che e' importante mettere a fuoco l'identita' quell'immensita' sovrastante in cui il nostro mondo, da tempi inimmaginabili, si snoda in un'orbita senza fine. Da questa identita' possiamo trarre una istantanea fuggente della nostra esistenza che non comprende solo l'ordinario quotidiano, ma si estende a quel mistero su cui ci troviamo affacciati. Sentiamo che solo cosi' possiamo avere l'occasione di intuire, di rimando, chi siamo e qual'e' il senso della nostra vita.
E' un gioco al rimpiattino con l'universo, in cui le intuizioni si susseguono e si nascondono, e diventano inafferrabili appena riusciamo a coglierle per un solo, immenso, istante.
Ci rendiamo conto di essere polvere di stelle che si e' fatta carne, pensiero e coscienza, in un angolo di quell'universo che stiamo guardando, forse scrutato nello stesso momento da altre creature curiose in cerca delle nostre stesse risposte.
Ma queste intuizioni per quanto siano gratificanti e piene di significati non ci bastano, non ci possono bastare. La nostra curiosita' ha bisogno di spiegazioni che possano entrare nel nostro vissuto quotidiano e lo completino collegandolo a questo mistero immenso.
Ci rendiamo conto di essere i figli di un lontano Big Bang che ha tratto dal nulla l'esistente e che ha reso possibile il nostro stesso senso di mistero. Ma ancor piu' ci chiediamo da quale fenomeno possa essere dipeso questo nostro prezioso atto di esistenza. Quale altro grande mistero ha generato il nostro mistero.
E qui la nostra riflessione si abbandona ad una serie di interrogativi che sembrano non avere risposta. Che cosa rappresenta la nostra esistenza di creature senzienti? Quali sono le nostre possibilita' creative? Quale significato possiamo dare alle nostre azioni? Cosa bisogna fare per giungere a comprendere il segreto dell'universo?
A quale mistero partecipiamo con la nostra vita? Verso quale mistero stiamo andando incontro con la nostra morte?
Domande al momento senza risposta, ma che hanno l'effetto di relativizzare le nostre convinzioni e di rimettere nuovamente tutto in gioco. Ci chiediamo se abbiamo impostato la nostra esistenza secondo i nostri effettivi bisogni e se possiamo fare qualcosa in piu', o d'altro, per migliorarla e trovare benessere e reale significato di vita.
Si rende evidente che ci necessita una idonea conoscenza delle cose. Una conoscenza che non sia solo basata sull'acquisizione di informazione culturale e didattica, ma che sia basata sull'esperienza diretta dell'universo in cui viviamo. Esperienza che nessuno puo' mediare e vivere per noi.
Si rende altrettanto evidente che per giungere a questa conoscenza e' necessario sviluppare una ricerca che consenta di reperire i dati utili di cui abbiamo bisogno. Dati che possono essere supportati dalla storia, ma che comunque devono essere verificati criticamente per non cadere nell'involontaria acquisizione delle convinzioni preconcette di altri. Nella constatazione che non ci sia nessuno che possa insegnare qualcosa ad altri poiche' siamo tutti sullo stesso piano, ovvero allievi della grande maestra di vita che e' la natura.
Scopriamo cosi' di essere dei filosofi, ricercatori della conoscenza dell'assoluto per portarla al piano della propria vita e dare ad essa il giusto senso nell'esistenza.


Il concetto di filosofia.

La conoscenza e' una esperienza primaria e determinate per la vita dell'uomo. A mezzo di essa si puo' sviluppare una acquisizione di dati sulla natura dell'esistenza e sulle modalita' di partecipazione ad essa.
La conoscenza e' coscienza della realta' in cui viviamo. E' di per se' un atto di partecipazione all'esistenza sul suo piano oggettivo e reale. Rappresenta una esperienza cognitiva di se' e delle cose che e' sviluppata su un piano di diretta esperienza di vita e di ricerca sui fenomeni che si manifestano in essa. E' un evento che e' realizzato nell'attuazione di una relazione esperienziale che l'individuo stabilisce, direttamente e senza intermediari, con l'esistenza in tutte le modalita' possibili.
Nel concreto, la conoscenza e' una esperienza che ci puo' rendere liberi dalla superstizione e dalla schiavitu' delle idee.
La conoscenza e' complementare al concetto di filosofia. Questa, intesa come un atto di conoscenza applicata, consente di estrapolare dal valore assoluto della conoscenza gli elementi che consentono di definire i metodi di acquisizione e di gestione della stessa. Non solo, la filosofia consente anche di poter comprendere l'identita' esperienziale dello specifico uomo che opera all'acquisizione della conoscenza e le modalita' di applicazione della filosofia nella storia.
Non dobbiamo intendere la filosofia secondo il luogo comune che le attribuisce una iconografia fatta di parole e di libri polverosi. La filosofia e' ben altra cosa, e' un atto di vita e di conoscenza di noi stessi e dell'universo in cui viviamo.
Essa descrive ed e' contemporaneamente esperienza di vita. Consente addirittura di stabilire programmi di vita nella storia sia in campo scientifico che religioso ed economico e porta gli individui ad acquisire precisi atteggiamenti di comportamento interiore e di decisionalita'.
La filosofia e' nella vita di ogni giorno. Ogni nostra azione e pensiero quotidiano sono condizionati da concezioni filosofiche che abbiamo acquisito e mai verificato.
Chi non fa filosofia e' soggetto inevitabilmente e quella degli altri. Non serve a nulla distaccarsi dal problema e credere di essere liberi pensatori, in ogni caso si raccolgono, a vari livelli, frammenti di esperienza altrui. Credersi liberi pensatori porta inevitabilmente ad allontanarsi dalla realta' e porta a divenire soggetti a piu' centri di interesse.
E non serve neppure rimandare il problema accampando la scusa che ci sono cose piu' grandi di noi. Gli altri, inevitabilmente, pensano per noi e non e' detto che facciano sempre i nostri interessi.
Essere filosofi rappresenta una qualita' particolare che non tutti percepiscono con immediatezza. E' una qualita' che porta ad essere curiosi oltre i limiti dell'ovvio. A meravigliarsi di fronte ad un cielo stellato, sempre, come se fosse la prima volta che lo si guarda. E' la qualita' che porta a chiedersi se e' tutto qui quello che si puo' vivere e conoscere e a intuire una esistenza reale oltre i canoni del quotidiano.
Si puo' nascere con questa particolare qualita', oppure possono essere le vicissitudini della vita a risvegliarla per portarci alla curiosita' di chiederci chi siamo e soprattutto in quale misterioso fenomeno ci troviamo ad esistere.
L'oggetto della filosofia e' la conoscenza e l'idonea partecipazione al fenomeno rappresentato dall'esistenza.
Essa non si rivolge pertanto allo studio delle idee, ma cerca di comprendere la natura dei fenomeni attraverso cui si manifesta l'esistenza. La filosofia si pone al di sopra delle aspettative e delle convinzioni degli uomini per comprendere il senso oggettivo della realta' a cui e' possibile pervenire attraverso l'osservazione della natura.
Per tale motivo essa studia e cerca di spiegare i fenomeni che possono essere riferiti alle proprieta' della materia, al comportamento umano, alle necessita' e ai bisogni dei singoli, ai meccanismi dell'economia.


I tre campi applicativi della filosofia.

La filosofia si esprime nella storia attraverso tre specifici campi applicativi che le consentono di operare e di essere identificata come manifestazione del bisogno umano della conoscenza.
Il primo di questi e' quello della filosofia delle scienze o epistemologia. Essa riguarda lo studio dei fenomeni che si manifestano sul piano sensibile dell'universo e le metodologie conoscitive di tipo razionale sul piano della ricerca.
La metodologia scientifica della filosofia delle scienze si esprime nell'osservazione acritica dei fenomeni, nella riproduzione degli stessi in laboratorio e nella conseguente elaborazione delle teorie funzionali che consentono il loro utilizzo sul piano dei bisogni umani.
L'apporto dell'epistemologia scientifica e' importante poiche' essa getta le basi dello sviluppo di ogni possibile lavoro degli altri campi applicativi della filosofia.
Si potrebbe dire che nella sua metodologia di ricerca contiene di per se' i principi e le competenze che sono sviluppate negli altri ulteriori campi della filosofia. Non solo, la sua metodologia razionale puo' sottoporli ad una verifica di effettiva credibilita' di lavoro.
Il metodo di ricerca attuato dalla filosofia delle scienze si esprime infatti in un preciso sistema pragmatico di acquisizione cognitiva che non lascia spazio alle interpretazioni soggettive individuali, ma consente di approcciarsi alla conoscenza dell'universo in maniera certa e documentabile secondo quanto l'uomo ha la possibilita' di farlo.
Questa prassi conoscitiva si articola in una precisa gerarchia di fasi di ricerca:

  1. l'osservazione dei fenomeni. Rappresenta la fase di osservazione acritica dei fenomeni che manifesta la natura. Il ricercatore sulla base di sue necessita', o per via della manifestazione incombente del fenomeno, da' una priorita' alla sua ricerca che non esclude ne' pregiudica, tantomeno sottopone a valore preconcetto, l'indagine successiva sugli altri restanti fenomeni.

  2. la scelta delle grandezze di laboratorio. Rappresenta la fase di realizzazione di dispositivi utili per la verifica e la valutazione del fenomeno osservato.

  3. la formulazione delle ipotesi. Ogni ipotesi equivale ad un avventurarsi nell'ignoto, in quanto ciascuna di esse estende il pensiero oltre i fatti conosciuti. Ma senza ipotesi lo sviluppo della ricerca mancherebbe di obiettivi e di orientamenti.

  4. la sperimentazione controllata per la verifica delle ipotesi. E' il modo con cui si controllano le ipotesi nella riproduzione in laboratorio del fenomeno osservato.

  5. la formulazione della legge. L'ipotesi, se confermata dalla sperimentazione, diventa la legge che regola il fenomeno osservato e quindi il fenomeno puo' essere utilizzato sul piano dei bisogni dell'uomo.

Il secondo campo di applicazione della filosofia e' relativo alla cosidetta filosofia generale o metafisica. Essa riguarda lo studio della dimensione non conosciuta dalla scienza e avanza ipotesi teoretiche basate sulla razionalita' deduttiva del pensiero. Essa affronta campi di interesse che sono spesso ai loro reciproci antipodi, dalla comprensione della natura della materia alla disquisizione sull'identita' di un possibile creatore dell'universo.
Infine, il terzo campo e' quello filosofia etica o idealistica. Essa non e' una filosofia di ricerca, ma un insieme di atteggiamenti e norme che regolano l'interazione dell'uomo con l'esistenza e che sono basati su specifiche convinzioni.
In essa si identificano gli idealismi basati sulle intuizioni o sulle verita' dell'uomo: le filosofie dei "maitre a penser" di ogni secolo, le religioni, le aree di credenza etnica e i partitismi.
La filosofia etica, per sua specifica natura, tende a soffocare la liberta' di ricerca dei campi della filosofia scientifica e generale, oppure giunge spesso a condizionare i loro temi di indagine con obiettivi preconfezionati e su percorsi di ricerca obbligati.
La storia mostra queste tre distinte applicazioni della filosofia, spesso in contrasto tra di loro come se si trattasse di tre distinte esperienze, ma in realta', nell'esperienza della filosofia basata su una ricerca di conoscenza reale, questi campi sono interdipendenti e funzionali e costituiscono per il filosofo il percorso di un processo dialettico globale.
In questa prospettiva, la filosofia delle scienze diventa quindi, per il filosofo, il campo di raccolta di dati obiettivi in continua verifica di validita' o di sviluppo. La filosofia generale diviene l'ambito in cui egli verifica e elabora, al di sopra di ogni convenzione, i dati ricavati dal precedente piano per sviluppare ipotesi di conoscenza ulteriori, che portino a possibili confini piu' avanzati di quanto abbia raggiunto in precedenza. Da verificare e da sottoporre alla conferma della metodologia della filosofia delle scienze.
Infine, la filosofia etica diviene l'ambito in cui il ricercatore si colloca, in ultima istanza, per cogliere il senso della sua ricerca e applicare i frutti del suo lavoro stabilendo interazioni funzionali e ottimali con la natura e il significato dell'universo.
E questo processo dialettico, articolato nei i tre campi della filosofia, non puo' fermarsi alle conoscenze ottenute, ma deve essere disponibile all'ulteriore acquisizione, non preordinata e senza preconcetti che la possano limitare, di ulteriori dati di valutazione che portino ad un rinnovamento della propria esperienza.
I risultati del processo dialettico non possono portare a un evento conclusivo di natura dogmatica e il sistema cognitivo, per rimanere tale nella sua efficienza strumentale, deve essere rivisto in continuazione, aperto all'acquisizione di possibili nuovi dati utili.
Senza limiti determinati da preconcetti poiche' non vi possono essere preconcetti nell'acquisizione della conoscenza. Senza mai temere di avventurarci nell'ignoto poiche' noi siamo gia' nell'ignoto.
Anzi, nella chiarezza di essere noi stessi l'ignoto che si interroga sul significato della sua esistenza.


Il problema della conoscenza.

Purtroppo molte volte, nel corso della storia, e' accaduto che il processo dialettico, sviluppato attraverso l'interazione sequenziale dei tre campi della filosofia, si e' interrotto per attestarsi sul piano della filosofia etica del momento. E cio' e' accaduto ogni qualvolta le varie culture del caso hanno creduto di giungere ad un piano definitivo di conoscenza e non hanno ritenuto di procedere oltre sul cammino della ricerca.
Di conseguenza si e' verificato l'instaurarsi di varie forme di "status quo" esperienziali che sono diventate punto di riferimento e identita' di molti popoli del pianeta.
Oggi, nel nostro tempo, abbiamo casi evidenti della manifestazione degli status quo del nostro pianeta, identificabili ad esempio nella cultura cristiana o in quella islamica o ancora in quella induista.
Staus quo inevitabilmente diversi tra di loro nei principi e nel luogo comune di intendere la vita e l'universo. Ciascuno di essi rappresenta una precisa filosofia etica radicata sulle proprie convinzioni, tanto da elevarle a verita' incontrovertibili e indiscutibile specchio del mondo, spesso in antitesi l'una verso l'altra. Una situazione che ha generato spesso tensioni sociali e guerre di interesse tra i popoli che erano legati all'identita' di queste specifiche filosofie etiche.
In questo quadro prospettico, riuscire a condurre una libera ricerca diviene pertanto problematico per quei ricercatori che sono nati nelle specifiche condizioni culturali e geopolitiche. Cosa del resto inevitabile poiche' la totalita' degli indiviui nasce in comunita' organizzate e tutte con un proprio status quo esperienziale che le contraddistingue.
Lo status quo, per sua natura, svolge un ruolo implicitamente conservatore. E quando, nei paesi piu' evoluti, in un illuminato spirito di tolleranza, tende ad uscire dai ristretti parametri della sua identita' culturale, si trova a produrre una serie di idee che, pur proponendo in apparenza diversi orientamenti di ricerca, in realta' sono ancora ipotecati dalle sue basi culturali di partenza.
Questo dato di fatto costituisce un problema circa la possibilita' di sviluppare una ricerca utile ai fini di una conoscenza che risponda il piu' possibile a un piano oggettivo della realta', che si ponga al di fuori di ogni possibile interpretazione di parte.
Si potrebbe anche pensare che, nei paesi piu' evoluti, la scienza sia in grado di offrire la possibilita' di collocarsi fuori dalle parti e dare una garanzia di ricerca pragmatica. Putroppo anch'essa, per una certa parte, e' inevitabilmente ipotecata dal contesto della filosofia etica dello status quo in cui e' comparsa e si e' formata.
Abbiamo visto, nel corso della storia, come si sia sviluppato un modo di intendere la scienza che era specifico dei paesi del blocco dell'ex Unione Sovietica. Cosi' come c'e' stato un modo di intendere la scienza presso il nazismo.
Oggi, nel mondo occidentale, ci si trova di fronte al problema posto dalla scienza interpretata dall'uso del principio del "rasoio di Occam". Un apparente principio di pragmatismo che orienta una certa parte della scienza verso specifici campi di ricerca, ma che in realta' e' in antitesi con il principio della scienza sperimentale galileiana, quella che ha dato il via alla ricerca scientifica vera e propria.
L'apparente principio di pragmatismo del "rasoio di Occam" e' in realta' un vero e proprio principio di esclusione che sentenzia e determina la validita' dei campi di ricerca da sviluppare, escludendone arbitrariamente altri, producendo di conseguenza una cultura specifica che comporta un modo essere e di interpretare la vita e il mondo in cui viviamo. Una mentalita' che risulta conservatrice e limita il libero pensiero, incapace di rispondere ad una esperienza riferita alla globalita' dei fenomeni dell'universo.
Il "rasoio di Occam" e' uno strumento raffinato, dal sapore razionale, che serve solamente a mantenere in vita un preciso status quo.
E' sempre piu' evidente che trovare dati utili per una effettiva e libera ricerca diventa problematico. Non tanto perche' si e' impediti fisicamente a farlo, ma per il fatto che vengono a mancare le occasioni e gli stimoli necessari per poterlo fare.
Tutto ricade nelle convenzioni dei luogi comuni dello status quo e tutto rientra in un grande calderone dell'ovvio dove si finisce per trovare solo piu' una ricerca orizzontale e finalizzata ai temi dello stesso status quo.
Inoltre, considerando quanto possa agire il principio del "rasoio di Occam" sul conservatorismo delle idee e nella esclusione di nuove e effettive prospettive di ricerca, non possiamo neppure fidarci troppo, in nessun caso, di quanto la didattica ordinaria puo' mettere a nostra disposizione.
Cio' non vuol dire necessariamente che dobbiamo buttare al macero l'esperienza accumulata dall'umanita' che ci ha preceduto, ne' tantomeno l'esperienza di chi puo' lavorare al nostro fianco. Non possiamo certamente sviluppare una ricerca esclusiva e personalizzata e dobbiamo pur partire da qualcosa che abbia rivelato di avere un fondamento ragionevole e concreto di interesse e di sostanza.
Il problema sollevato dallo status quo ci deve semplicemente indurre all'attenzione di mantenere incontaminate le condizioni di laboratorio in cui possiamo sviluppare la nostra esperienza conoscitiva. Condizione che deve essere il piu' lontana possibile dai preconcetti acquisiti e che comunque ci consenta una verifica che non e' condizionabile da alcuna convenzione dello status quo.
Per riuscire in questo intento diventa inevitabile che si debba operare in prima persona senza delegare ad altri la nostra esperienza di ricerca, sviluppandola attraverso una sperimentazione personale e diretta.
E anche cosi' occorre fare attenzione che i dati raccolti non siano modificati, non solo dal contesto culturale in cui viviamo, ma anche dalle nostre aspettative e dai nostri preconcetti che possiamo aver acquisito, in qualche maniera, nostro malgrado.
Solamente cosi' potremo ristabilire il filo spezzato del processo dialettico e procedere oltre, verso reali confini di conoscenza.


Le proprieta' cognitive della realta'.

Ma come poter sviluppare la nostra ricerca sul piano di una esperienza diretta senza cadere in errori di valutazione?
Se ci riferiamo alle possibilita' di una esperienza di conoscenza che ci puo' offrire la nostra sfera individuale ci rendiamo conto che abbiamo a disposizione specifiche modalita' non sempre a nostro favore.
Abbiamo la possibilita' di sviluppare una conoscenza del mondo sul piano fisico, basata sulla percezione sensoriale del nostro corpo. Ma e' evidente che non possiamo assolutamente fidarci di quanto ci mostrano i nostri sensi, in quanto sono manifestamente limitati e imperfetti. La conoscenza a cui potremmo giungere sarebbe di riflesso limitata e imperfetta.
Abbiamo anche la possibilita' di sviluppare una conoscenza del mondo sul piano della mente, basata sulla percezione interiore dell'immaginazione, della speculazione elaborativa, delle emozioni e dei sentimenti. Ma come fidarci di quanto puo' elaborare la nostra mente, nutrita dai dati raccolti attraverso i sensi e da una interpretazione culturale il piu' delle volte viziata da preconcetti e da aspettative soggettive? Come interpretare l'esistenza che viviamo sulla base della soggettivita' delle emozioni, ingannevoli e mutevoli come le nuvole del cielo?
Rimane il fatto che, in ultima istanza, possiamo solamente fidarci della facolta' che ci consente il nostro stato di coscienza, quale stato d'essere che testimonia la nostra esistenza al di la' di ogni possibile interpretazione soggettiva.
Un piano di esperienza che coincide con il valore assoluto dello stato di essere che e' manifestato dall'universo sul piano della sua natura reale e oggettiva.
Risulta evidente che, se c'e' una reale possibilita' di una esperienza di conoscenza, questa non la possiamo cercare nel contesto dei parametri consentiti dal corpo e dalla mente, ma solo sul piano della comune identita' di coscienza e universo.
La conoscenza non e' un valore esperienziale che puo' essere espresso dalle nostre esperienze soggettive, ma e' un valore che trascende la nostra sfera di esperienza individuale e la comprende in un evento piu' ampio e globale che abbraccia tutta l'intera manifestazione dell'esistenza.
Pertanto, se vogliamo sviluppare una effettiva esperienza di conoscenza, la dobbiamo cercare proprio nell'interazione esperienziale tra la nostra coscienza e la natura reale dell'esistenza. L'universo e' tutto cio' che esiste in assoluto. Se c'e' una spiegazione alla sua manifestazione, solo la comprensione della sua natura puo' rivelarcela al di la' di ogni possibile speculazione filosofica.
La realta' in cui esistiamo e' l'unico evento a cui possiamo fare riferimento per sviluppare ogni possibile esperienza di conoscenza. Non possono sostituirsi ad essa le parole e le convinzioni di altri uomini. La conoscenza la dobbiamo trovare per conto nostro nella nostra scoperta cognitiva dell'universo in cui esistiamo.
Ma non dobbiamo limitare la nostra ricerca al solo aspetto ordinario dell'universo che ci e' proposto dai nostri sensi e dalla nostra conseguente interpretazione concettuale.
L'universo rappresenta un ente fenomenico molto piu' complesso di quanto ci appare nella sua manifestazione sensibile. L'universo non e' solo la manifestazione di un fenomeno di esistenza, ma possiede implicitamente anche la sua stessa ragione di essere. In esso c'e' la spiegazione al mistero della sua e della nostra origine. Come dire che l'universo possiede di per se', intrinsecamente, un aspetto di conoscenza che puo' spiegare la sua manifestazione e rivelare il significato della sua esistenza.
Solo interagendo in maniera diretta e personale con la natura globale e intima dell'esistenza possiamo tentare di accedere ad una esperienza di conoscenza che possa giungere a spiegare il significato di tutte le cose. Quindi poterla riversare nelle applicazioni del nostro ordinario quotidiano per migliorare la nostra condizione umana e dare un significiato reale alla nostra vita.
Nello sviluppare una ricerca di questa entita' non possiamo certamente stabilire una scala di valori che priorizzi o meno i fenomeni che si manifestano nell'universo poiche' ciascuno di essi si trova ad avere la stessa importanza nella globalita' che li comprende. Per questo stesso motivo non possiamo neppure cedere ad un orientamento di ricerca che sia suggerito da un qualsiasi interesse di parte, ne' tantomeno nobilitare un campo specifico di ricerca rispetto ad un altro.
Se ci rivolgiamo a una conoscenza che puo' derivare dall'interazione con l'universo dobbiamo essere in grado di aprirci, con completa disponibilita' e senza alcun tipo di preconcetto, ad ogni possibile esperienza che l'esistenza ci possa offrire.
La nostra ricerca non deve avere limiti di sorta e deve essere condotta tra scienza e ignoto, tra cio' che ci appare certo e cio' che potremmo giudicare impossibile perche' sfugge ai nostri paradigmi esperienziali.
Non dobbiamo dimenticare la nostra natura di curiosi ricercatori di infinito che non si accontentano di risposte parziali, ma vogliono arrivare a una comprensione totale del significato della loro esistenza per rispondere alla loro esigenza interiore e migliorare la qualita' della vita per se stessi e per tutta l'umanita'.


(Da "La meditazione e l'esperienza del Vuoto", di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel - Torino 98)