LA NATURA COSMICA DEL FILOSOFO


Il processo di globalizzazione del pianeta.

Siamo alle soglie del nuovo millennio. L'umanita', almeno per una certa parte del pianeta, e' progredita sul piano tecnologico realizzando benessere e prodotti di consumo fino a poco tempo fa inimmaginabili.
L'uomo e' di fronte ad una nuova era in cui dominano la scienza e le conquiste della teconologia. Conquiste che sono entrate nel quotidiano di ognuno, dagli irrinunciabili telefonini agli altrettanto irrinunciabili computer, che hanno cambiato vita e abitudini di tutti.
Conquiste indubbiamente affascinanti sia per l'intelletto che per l'ordinario quotidiano. Un nugolo di satelliti geostazionari copre la superficie dell'intero pianeta consentendo la comunicazione globale di chiunque possieda un telefono cellulare. Si apprestano spedizioni spaziali dal sapore fantascientifico verso la conquista di nuovi mondi e le nuove biotecnologie sono una promessa per la risoluzione di tutti i mali che affliggono l'umanita'.
Sul pianeta si sta approntando un processo di globalizzazione, un nuovo ordine mondiale, dove e' prevista la messa al bando delle guerre tra i popoli e si stabiliscono nuovi codici di garanzia costituzionale per gli individui tanto da cancellare il retaggio dei secoli bui in cui affonda il millennio che sta per finire.
E' indubbiamente l'allettante prospettiva di un nuovo mondo. Un mondo che forse tutti abbiamo sognato e che comunque nessuno, che abbia a cuore un ideale di progresso, puo' rifiutare.
Tuttavia il prezzo che ci viene chiesto per poter accedere a questo Eden e' grande. Non si sta formando solamente un mondo nuovo, ma si sta cercando di formare una nuova cultura. In cambio di questo Eden si chiede la formazione anche di un uomo nuovo.
Nella costruzione di questo nuovo ordine mondiale e' in atto una massificazione culturale che comporta lo sradicamento dalle radici d'origine per lasciar posto a una nuova formazione culturale, votata con cieca fiducia alle nuove tecnologie, attraverso l'adesione incondizionata alla mentalita' tecnocratica che le inventa e alla cultura dell'industria consumistica che le produce.


Al di la' delle radici storiche dell'umanita'.

La teorizzazione dello sradicamento culturale non e' un evento nuovo nella storia dell'umanita'. E' gia' accaduto nell'antico Egitto, dove le nuove dinastie dei faraoni cancellavano le cronache piu' remote di altre dinastie che non appartenevano alla loro visione politica.
Non ne fu immune neppure il cristianesimo che, per legittimare la sua originalita' culturale, si prodigo' a rimuovere le radici da cui proveniva e a cancellare le tracce del passato "pagano" sulle quali si sovrapponeva con il suo "ordine nuovo". Mutuando comunque, per poter mantenere una certa continuita' e credibilita' tra le masse, sia templi che feste pagane, utilizzandole con nuovi simboli e nuove destinazioni culturali. Il cristianesimo riusci' a far dimenticare e a disperdere la memoria storica vissuta dall'umanita' pre-cristiana, trasformando eventi e conoscenze del passato, da cui nascevano le radici antiche dell'uomo, in una mera curiosita' accademica e antropologica.
La stessa identica cosa sembra accadere oggi. All'interno del nuovo ordine mondiale si delinea una cultura efficientista e tecnocratica che, con la scusa di un necessario pragmatismo, piu' che ovvio e accettabile, vuole impostare un nuovo potere e una nuova cultura, basati sui principi dello sviluppo economico, dove i singoli individui trovino posto solo come tessere di un mosaico precostituito. Un mosaico dentro il quale e' consentito di godere di certi privilegi e di un tranquillizzante benessere a patto di rinunciare alla propria effettiva creativita' e alle proprie radici culturali. Elementi che possono testimoniare e mantenere la specificita' individuale dei singoli, mettendo in crisi il processo della globalizzazione.
E' inevitabile che tutto cio' che puo' rappresentare o appartenere a queste radici, anche se valide sul piano dei valori dell'uomo, debba essere estirpato e gettato in una profonda fossa di oblio dove solo piu' antropologi e psicologi possano mettervi piede per un semplice scrupolo professionale.
E' prova di questa strategia quanto sta avvenendo nei confronti dei piu' importanti siti megalitici nel mondo. Stonehenge, considerata per millenni il riferimento spirituale delle antiche e fiere popolazioni del nord, e' stata recintata e banalizzata al livello di semplice attrattiva turistica. In Irlanda, monumenti altrettanto importanti e significativi come Newgrange, sono sventrati dalle ruspe meccaniche e ricostruiti con nuove sembianze per creare altrettante attrattive turistiche.
In Bretagna hanno subito lo stesso destino altre vestigia storiche che segnavano valori individuali e spirituali ben precisi per gli abitanti del posto. I famosi Alignements di Carnac sono stati recintati e trasformati in parchi didattici e di divertimento, mentre altri monumenti sono stati sventrati per essere ricostruiti sulla base di interessi culturali del momento.
Neppure il cristianesimo era mai giunto a tanto. In fondo, l'ignoranza del significato e il rispetto per le arcaiche radici dell'umanita', avevano risparmiato dalla distruzione la maggior parte degli antichi monumenti megalitici.
La cosa non sfugge pero' evidentemente al nuovo ordine mondiale che si sta costituendo sul pianeta. Una cultura chiusa, senza poesia e senza vera creativita' se non quella finalizzata a bisogni di mercato, che non sa guardare alle stelle per allargare i confini dello spirito, ma che pensa piuttosto a industrializzare persino lo spazio per ricavarne un guadagno.
In questa cultura del pianeta chiuso l'uomo sta per essere trasformato in una sorta di emigrante, allontanato dalla sua terra e dalla sua cultura d'origine per essere proiettato in un nuovo mondo senza prospettive di continuita', poiche' e' rimasto senza radici. Costretto ad essere straniero nel proprio mondo, guidato solo piu' dalla logica delle multinazionali, classificato e inscritto nelle pianificazioni planetarie, tese solo alla produzione e al consumo.


E l'individuo?

Non c'e' nulla da dire ne' da obiettare sullo sviluppo tecnologico della societa' che puo' indubbiamente aprire a nuove prospettive di vita e di ricerca quali ognuno puo' desiderare. Non si puo' che essere d'accordo con un processo che vuole affrancare l'umanita' dai ghetti della mentalita' etnica, dalla superstizione dei culti retrivi e dalla schiavitu' sociale per approdare sempre piu' ad un mondo basato sull'equa gestione delle risorse globali e sull'utile dominio della natura.
Si obietta piuttosto che per giungere a questo Eden non e' necessario che l'uomo venga coinvolto in questa trasformazione massificante e traumatica piu' di quanto occorra.
Privato delle sue radici culturali, egli non perde solamente le diverse identita' culturali che dividevano i popoli e che creavano lo stato di conflittualita' sul pianeta, ma finisce per perdere anche la sua identita' personale e le occasioni del suo specifico sviluppo evolutivo. Un uomo senza radici non sa piu' in quale direzione guardare e perde i parametri della sua esperienza di origine da usare come riferimento nella sua maturazione interiore futura. Non ha piu' un riferimento nei momenti di incertezza. Si offre allo spettro della banalizzazione e della confusione morale.
Senza radici rimane esposto, senza difese, alle insidie di chiunque volesse attribuirgli una qualsiasi nuova identita' di comodo fosse anche, per assurdo, a fin di bene.
Ma l'uomo non e' un ente qualsiasi a cui si puo' dare un significato di comodo a seconda dei tempi e delle idee. L'uomo, non va dimenticato, e' un fenomeno vitale del tutto particolare e significativo che ha origine da una complessa filogenesi che parte da lontano, dalla formazione arcaica del pianeta, alla selezione delle specie viventi che vi sono comparse, alla sua lunga evoluzione biologica e esperienziale attraverso i millenni, che ne ha fatto un interlocutore con il mistero dell'esistenza.
Ed e' proprio questa identita' esperienziale che non puo' essere rinnegata in nome delle esigenze di una nicchia storica, sia pur affascinante e piena di promesse come quella del nuovo ordine mondiale. L'uomo possiede una identita' che e' fuori dal tempo e dai processi storici e che non appartiene a nessun ruolo sociale. Un ente che non appartiene e non puo' appartenere ne' alle religioni e ne' tantomeno alla tecnocrazia. E il processo di globalizzazione nel suo tentativo di annullare le identita' della diversificazione culturale d'origine non deve attentare a questa esperienza ancestrale che l'uomo interpreta e rappresenta. L'uomo possiede un'identita' cosmica, eterna, pur nella sua apparente fragilita', posta di fronte al mistero della vita e dell'universo in un compito esperienziale che le religioni e lo scientismo tecnologico non potranno mai spiegare o risolvere. Ne' potranno mai sostituire con una loro identita' culturale di comodo. E infatti, finora non ci sono mai riuscite.


L'uomo, l'eterno filosofo di fronte alle stelle.

Per capire meglio questo concetto di uomo cosmico, in contrapposizione agli sterili miti modernisti dell'attuale pianeta chiuso, possiamo guardare alle radici della storia dell'umanita' dove antichi simboli ci parlano ancora, incorrotti, della vera identita' dell'uomo eterno.
Nella mitologia dei popoli celtici troviamo ad esempio la celebrazione della figura di Merlino, il sacerdote-guerriero che testimonia e conserva simboli ancora piu' antichi della storia dell'umanita'. Questa figura simbolica rappresenta l'archetipo esperienziale dell'uomo cosmico, il filosofo per antonomasia che guarda all'esistenza per capirla ed interpretarla secondo l'armonia che essa esprime. E' il sacerdote-scienziato che vive e si forma nella propria esperienza a contatto con la natura, in armonia con le altre specie viventi del pianeta, e che evolve sul piano individuale senza mai rinnegare le radici vitali da cui ha attinto e che sono rimaste come il punto di partenza di un sentiero aperto verso il futuro, verso le stelle che attendono l'umanita'.
La figura di Merlino puo' consentirci di intravvedere e capire l'archetipo eterno dell'uomo che vive la fantastica avventura della vita, in armonia con la natura e alla conquista del mistero che lo ha generato e che da' significato a tutte le cose. Una creatura che sa guardare al futuro senza rinnegare le proprie esperienze di origine che l'hanno condotta alla soglia del suo stesso futuro, capace di rimettere tutto in discussione, di ricominciare ogni volta da una tappa di esperienza piu' elevata per costruire la sua conoscenza.
Una creatura che sa conciliare la tradizione con le esigenze del suo presente, dove le esperienze del passato divengono un prezioso bagaglio cognitivo che puo' consentire alle generazioni seguenti di non ripetere piu', all'infinito, errori che si ripresenterebbero ogniqualvolta si azzerassero le conquiste ottenute.
In questa prospettiva dualistica della natura esperienziale della figura di Merlino, si imposta implicitamente anche una metodologia di esperienza che e' posta, per necessita' di coerenza con questa figura, tra razionale e mistero, i due aspetti fondamentali della nostra vita che richiedono una comprensione dei fenomeni sensibili tenendo conto contemporaneamente dell'inspiegabile che ci circonda. Un equilibrio che rappresenta la sola via utile per poter ottenere un quadro, il piu' possibile completo, della natura di se stessi e dell'universo e per mantenere vivi continuamente nuovi stimoli di ricerca e di conoscenza.
La figura di Merlino esprime la qualita' profonda del filosofo, di colui che, in ogni tempo e sotto tutte le latitudini, vuole sviluppare una conoscenza di se' e degli altri attraverso la sua esperienza diretta di vita, senza dover sottostare alla mediazione di intermediari che possano in qualche modo gestire in sua vece la creativita' determinata dalla conoscenza. Nella sua figura si riflette lo spirito degli sciamani ancestrali, quei mutanti esperienziali che, in ogni tempo e luogo, sentono e sono in grado di rispondere al particolare richiamo della natura segreta dell'esistenza.
In questo mondo massificante, dominato dal processo di globalizzazione, la figura di Merlino e' emblematica poiche' rappresenta la capacita' dell'uomo di applicare un processo alchemico interiore che e' in grado di trasformare la sua natura su piani di conoscenza superiore, canalizzando le sue facolta' in molteplici poteri creativi. Una qualita' esperienziale che si esprime tra razionalita' e poesia, tra consueto e ignoto, per elevare se stesso al segreto che anima l'esistenza e aiutare gli altri che versano nel bisogno.
Nella sua figura simbolica possiamo identificare l'archetipo esperienziale e il riflesso delle aspettative interiori di chiunque aspiri alla conoscenza, alla liberta' e alla fratellanza tra tutte le creature.
Come lui, tutti noi siamo curiosi di fronte alla presenza dell'universo e dei fenomeni che si manifestano nelle sue infinite vastita'. E come lui, alchimista dello spirito e della scienza, cerchiamo di capirli, liberi da ogni preconcetto, per migliorare la nostra conoscenza sul significato dell'esistenza e di noi stessi, per il semplice e irrinunciabile bisogno di migliorare la nostra condizione umana.

(Da "La meditazione e l'esperienza del Vuoto", di Giancarlo Barbadoro, Edizioni Triskel - Torino 98)